sabato 7 febbraio 2015

MORMANNO. Storia di un paese.

Posto a 840 metri, il territorio è completamente inserito nel perimetro del Parco Nazionale del Pollino, la cittadina si estende, dalle propaggini del Monte Costapiana al vallone Posillipo.

Collocate  su quattro colli  le abitazioni del vecchio centro storico.

Il più antico nucleo abitato è quello della "Costa", sul colle dell’Annunziata,
seguono: "San Michele"; "Torretta"; "San Rocco".


                                                                          Panorama



                                                                   Panorama dal Faro.






La Costa ...una volta.




                        Faro Votivo

L’origine di Mormanno, così come il significato del toponimo è avvolta dal mistero.

Secondo un’ipotesi di studiosi locali la nascita risalirebbe alla venuta dei longobardi in Calabria i quali insediarono uno o più "arimanni" sul colle della “Costa” che dominava la Valle del Lao a nord ed il Pantano a sud, località dalle quali si snodavano due importanti vie di comunicazioni.

"Arimanni" è un termine tipicamente longobardo, che venne tradotto in latino come "exercitales", ossia "uomini dell'esercito" (da Heer-, esercito e -Mann, uomo).
Nella società longobarda, l'Arimanno non era tuttavia un soldato nel senso in cui lo intenderemmo oggi: Arimanni erano tutti e soli i maschi longobardi liberi, e quindi non tanto in dovere, quanto in diritto di portare le armi e membri di un esercito che non era un'organizzazione separata, ma la nazione stessa perennemente in armi. Come corollario, l'Arimanno deteneva in esclusiva la pienezza dei diritti civili, quale ad esempio la capacità di possedere delle terre, e non era tenuto a svolgere alcun altro lavoro che non fosse il mestiere delle armi.

Da questo primordiale posto di guardia longobardo si sarebbe successivamente sviluppato l’antico centro abitato.

L’origine Longobarda di Mormanno sarebbe avallato dal fatto che in un’agiografia di San Leoluca da Corleone compaiono i “ Montium Miromanorum” presso i quali il Beato si sarebbe recato per venti giorni e venti notti per fare penitenza a seguito di uno screzio avuto con i confratelli.

Tale circostanza pose l’interrogativo al prof. Eduardo Pandolfi, che per primo venne in possesso della citata biografia, se i monti “Miromanurum” avessero dato origine al nome della Motta originaria o, viceversa, se dal nome della Motta fosse derivato quello dei monti.

Se fosse valido il secondo assunto si potrebbe sostenere che Mormanno esistesse prima della venuta in Calabria (IX sec.) del Beato Leoluca da Corleone.

Il nome potrebbe aver avuto origine dal personale germanico Marimannus o Merimanno.
Potrebbe anche riferirsi alla suddetta presenza di militari germanici, gli arimanni.

In un documento di non accertata autenticità redatto agli inizi del XII secolo appare il nome di terram Miromanum ceduta da Ugo di Chiaromonte, feudatario d’origine francese dell’omonimo paese lucano e vassallo del citato principato, a tale Sasso o Sassone, vescovo di Cassano allo Jonio.

Il toponimo Muromannas, figura in un testo greco nell’anno 1092.

Nel 1108 in una nota dotale si parla di beni posseduti a Muromana da tale Trotta figlia di Altruda.
L’atto è compilato dal papas Costantino, prete di Muromanas.
Nel 1195 un certo Pietro chiede ad Ilario, archimandrita del monastero di Carbone, di ornare la chiesa di S. Caterina di Muromannas.

Nel 1274 in un documento diretto al vescovo di Cassano allo Jonio, appare: “Miromagna in quo sunt fucularia hominum ultra ducentum et tres et valet annuatim auri unciae XXXVI” .

In uno scritto della cancelleria Angioina (Napoli archivio di Stato vol. 155 intitolato Carolus II), al foglio 992 datato 27 luglio 1304, si riparla di Mormanno in una petizione rivolta al vescovo di Cassano allo Jonio per riottenere il diritto di pascolo che “li homini di Miromagne” avevano sul territorio di Layno.

Nel corso dei secoli il nome di Mormanno è apparso come: Miromagnum – Miromando – Mormando – Miromannum – Miromagna – Miromagno – Miromanno – Merimagnum – Murimanno – Mormannum – Mirimagum ed infine Mormanno.

Ma la tesi alla quale sono più affezionati gli abitanti di Mormanno, sostenuta da diversi scrittori, è quella seconda la quale il toponimo originerebbe dalla scomposizione di “Miromagnum” in “miro magnum” (ammiro il grande) quindi GRAN PANORAMA il quale,, in effetti, è quello che affaccia sulla Valle del Lao fino a perdersi sulle possenti montagne lucane del Sirino e dell’ Alpe di Latronico.









                                                                  Santa Croce

sabato 10 gennaio 2015

DATE BELLEZZA.

La bellezza è l'insieme delle qualità percepite tramite i cinque sensi, che suscitano sensazioni piacevoli che attribuiamo a concetti, oggetti, animali o persone nell'universo osservato, che si sente istantaneamente durante l'esperienza, che si sviluppa spontaneamente e tende a collegarsi ad un contenuto emozionale positivo, in seguito ad un rapido paragone effettuato consciamente od inconsciamente, con un canone di riferimento interiore che può essere innato oppure acquisito per istruzione o per consuetudine sociale.

Nel suo senso più profondo, la bellezza genera un senso di riflessione benevola sul significato della propria esistenza dentro il mondo naturale.

Il bello per Aristotele e Platone è il "Vero".

Tutto con la poesia si traduce in versi mostrando gioia, dolore, angoscia.

Il poeta Ugo Fasolo, in una sua poesia, dal titolo "Date Bellezza", ci avverte con un monito tragico che la mancanza di Bellezza conduce l’uomo alla morte.

Egli dice: «più del pane c’è bisogno di bellezza», poiché «il pane sazia i vostri ventri», ma «non placa l’angoscia d’essere e il pianto», e ammonisce i ricchi ad investire i loro capitali in bellezza; attraverso gli uomini che hanno «il dono della forma armoniosa» (cioè gli artisti), lancia l’invito a costruire «statue e templi», per «non morire in ansia di Bellezza».

Il poeta ha nostalgia, malinconia, rimpianto, desiderio, struggimento al ricordo dei tempi passati, ma carichi di significato.

Il poeta si accorge infine che anche il rapporto dell’uomo con Dio viene meno, si spegne, si nega senza Bellezza.

Date bellezza


Date bellezza agli uomini che gridano

il pane e l’odio, cercate bellezza

per gli uomini affamati e d’occhi rossi

conturbati in disperazione,

irosi chiedono il pane poiché non lo sanno

di morire per fame di bellezza.

Il pane è della membra; il cibo uguale

agli uomini e alle bestie sazia i ventri

dentro annodati d’ombra. Ma chi placa

l’angoscia d’essere, il pianto del cuore,

e del passato e futuro ci accresce?

La rosa incurva i petali e splende;

e i poeti tutti, gli artisti e i musici,

a cui è dono la forma armoniosa,

sciolgano il torbido e inquieto sgomento

delle rovine e tornino alla gioia.

L’ansia dell’uomo che va sulla terra

non è di terra; anche amaro è l’amplesso

senza possesso di bellezza. E voi

che detenete potenza e danaro,

e coltivate terre e molte navi,

non dilatata solo nere fabbriche,

imbiancati ospedali o nuove macchine,

ma radunati gli uomini che sanno

le forme intende al ritmo dello spazio,

destate templi sopra le colline,

palazzi splendidi nel volto perpetuo

della bellezza. È il nostro canto d’uomini

e l’abbiamo rinnegato con Dio;

perciò moriamo in ansia di bellezza.

(Ugo Fasolo,  da L’Isola assediata,  Venezia 1957)


Questa poesia richiama l’educazione classica e la forma di bellezza che l’uomo dovrebbe rincorrere e riscoprire sempre, poiché l’incertezza del pensiero e dei costumi porta alla decomposizione degli spiriti, e l’allontanamento dalla Bellezza porta alla crisi interiore, alla perdita del senso e allo smarrimento, conseguenze dovute al distacco dalla «Forma» e dalle sue radici metafisiche.

In effetti la mancanza di Bellezza mortifica l’essenza spirituale dell’uomo; senza la Bellezza non si realizza la sua ispirazione alla pienezza, non si colma la sete di Verità e di Assoluto.

La poesia è uno dei gradini di quella lunga scala del processo educativo che ci siamo proposti di salire, anche se faticosamente, per raggiungere la vera Bellezza, quella Bellezza che ci rende liberi.

La Bellezza ci fa scoprire di essere creature di un mondo bello.

E Platone scrive nel Fedro che «la Bellezza è l’unica essenza ad essere visibile».