giovedì 24 novembre 2016

RICORDANDO BOB DYLAN.

Una "prima volta" che non si dimentica. 

    IO C'ERO ! 

Quattro amici, di grossa stazza partimmo con una Volvo vagon sgangherata per incontrare l'idolo sessantottino. 

Il premio Nobel a Bob Dylan ha fatto tornare alla mente l'epopea del cantautore americano, capace di lasciare un segno, una esibizione che resta nella storia: il cantante simbolo della rivoluzione musicale avviata negli anni Sessanta si esibì il 21 giugno del 1989 allo stadio di Cava de' Tirreni. 

Un concerto mitico che, a distanza di quasi 30 anni, viene ricordato ancora con le lacrime agli occhi dai suoi fans e che resta ancora di più nella storia per un evento cerchiato con il rosso dai suoi ammiratori. 

Dylan suonò per la prima volta in assoluto "Pancho and Lefty", pezzo tradizionale della musica popolare americana riportata al successo dal Premio Nobel 2016 per la letteratura. 
Sul web, da tempo, gira un video esclusivo di quell'esibizione destinata a restare nella storia e che ha legato indissolubilmente il suo nome a quello di Cava de' Tirreni e all'intera provincia di Salerno. 

 In questi giorni tutti i media e i principali social network sono invasi dalle immagini di Bob Dylan che ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura, un riconoscimento unico che ha ovviamente scatenato polemiche, discussioni e grandi attestati di stima. 

Venti anni dopo la sua prima candidatura, il cantante è stato riconosciuto come un vero poeta della tradizione americana, suscitando allo stesso tempo ammirazione di molti e sdegno di chi non ritiene corretta tale importante decisione. 

Il 21 giugno 1989 il cantante si esibì al “Lamberti” di Cava dei Tirreni, aprendo lo spettacolo con il brano “Subterranean homesick blues”. 

Si trattava del primo pezzo propriamente “elettrico” di Dylan, un successo senza tempo che già all’epoca era riconosciuto come grande classico, ispirato alle parole di Kerouac e alla ribellione tipica della Beat Generation. 

Durante il concerto il pubblico era incantato dalle sue parole, dalla potenza e l’energia in grado di far vibrare l’anima di ogni ascoltatore.

venerdì 18 novembre 2016

CHI SI LAMENTA SEMPRE DANNEGGIA I NEURONI DI CHI GLI STA INTORNO…LO DICE LA SCIENZA.


Quando siamo in presenza di persone che si lamentano, o che chiacchierano senza un fine costruttivo e propositivo, la qualità delle loro vibrazioni negative si ripercuote su di noi e ha un effetto nocivo sui neuroni del nostro cervello.

La lagnanza e la chiacchiera sono il frutto di un atteggiamento arcaico, una strategia di sopravvivenza, adottata dal nostro inconscio per liberarci di stati mentali ed emotivi aberranti, che purtroppo va a discapito di chi ne subisce l’influsso passivo. 

È stato scientificamente provato, che le onde magnetiche caratteristiche delle lamentele e delle chiacchiere, spengono letteralmente i neuroni dell’ippocampo, preposti tra l’altro alla risoluzione dei problemi. 
Rimanere esposti per più di trenta minuti a lagnanze, negatività e chiacchiere superflue provoca danni effettivi a livello cerebrale, sia che provengano da persone in carne ed ossa che dai media, in primis la televisione.

Cosa fare di fronte a manifestazioni di questo genere? 

I media si possono spegnere, escludere. 
Con le persone, si può invece cercare di dirottare la conversazione verso argomenti propositivi, o addirittura, suggerire molto diplomaticamente al “lamentoso”, di fare tre respiri profondi, espirando forte con la bocca. 
Naturalmente noi stessi dovremmo evitare di cadere in lagnanze e inutili chiacchiere, consapevoli del fatto che oltre a nuocere a chi ci sta intorno, stiamo letteralmente sprecando la nostra energia. Siamo così abituati a lamentarci e ad ascoltare le lamentele, da esserne perfino assuefatti. 
Ma se ascoltare le lamentele degli altri spegne i neuroni, quando siamo noi a farlo… cosa succede?

Fisiologicamente, le cellule del nostro cervello si specializzano con contenuti di basso livello, perdendo nel tempo in creatività e capacità di risolvere le situazioni critiche, uscire dalle difficoltà e mettere in moto l’inventiva, cosa che si sviluppa normalmente nelle persone che invece di scegliere la lamentela, trasformano le “crisi” in opportunità: un cervello in movimento, volto continuamente a creare, permette nell’insieme di essere più consapevoli.


Esotericamente, accade che la personalità agisce con il “pilota automatico”, addensando sempre di più quel meccanismo per cui l’ego tende a prendere il sopravvento sull’Essere. 

Ovviamente, questa percezione esula dall’insieme di cui facciamo parte e ci allontana sempre più dalla Realtà reale, cristallizzando gli schemi (e i programmi mentali) che ci fanno percepire la virtualità come realtà oggettiva.

Energeticamente, sappiamo bene, anche grazie alle moderne scoperte della Fisica Quantistica, che dove va il pensiero, l’energia fluisce e crea! 

Più i miei pensieri sono negativi, orientati alla mia sfortuna, alla crisi e al lavoro che scarseggia, al politico che si fa le vacanze di lusso alla faccia del popolo che non ce la fa, ecc… più sto nutrendo di energia quella determinata situazione. 
Psicologicamente si creerà un circolo vizioso, per cui tali pensieri negativi diverranno l’unica realtà possibile, moltiplicando proprio quelle situazioni che confermano questo processo.
Può capitarci di vivere in contesti nei quali siamo sottoposti a forti pressioni e disequilibri, ambienti carichi di stress e negatività che agiscono come dei veri e propri virus, su tutti i fronti: mentale, emozionale e fisico. 

È altresì vero che più innalziamo il nostro livello energetico, più la realtà circostante reagisce alla nostra qualità vibrazionale. 
Non solo attraiamo nella nostra vita situazioni e persone affini a ciò che siamo, ma influiamo positivamente anche sull’ambiente che ci circonda, e sulle persone con cui ci relazioniamo.
Fonte: realtofantasia.blogspot.it

giovedì 27 ottobre 2016

LA PELLE

                              Curzio Malaparte

"Ero stanco di veder soffrire gli uomini, gli animali, gli alberi, 
il cielo, la terra, il mare, 
ero stanco delle loro sofferenze, delle loro stupide e inutili sofferenze, 
dei loro terrori, della loro interminabile agonia.
 Ero stanco di aver orrore, stanco di aver pietà. 
Ah, la pietà! 
Avevo vergogna di aver pietà. 
Eppure tremavo di pietà e di orrore."

 Dopo i Racconti italiani che dettero inizio, pochi mesi dopo la sua morte, alle "Opere complete" di Curzio Malaparte sotto la direzione di Enrico Falqui, ecco ora il suo libro più famoso. 

Concepito nell'epoca più feconda dello scrittore, subito dopo la guerra e dopo Kaputt, fu pubblicato in quasi tutte le lingue, ovunque ottenendo immenso successo. 

La critica più avveduta riconobbe nell'autore de La Pelle "lo scrittore di grande talento", "Il narratore straordinario", ma anche "L'araldo nobile e disperato dell'Europa martirizzata e vinta". 

Una vita spesa per l'accusa, la condanna, il messaggio; una serie di opere di straordinario vigore e intransigenza pongono Malaparte fra gli scrittori più degni di rappresentare il nostro tempo, accanto a Hemingway, Malraux, Bernanos, come la critica di tutto il mondo affermò. 

La Pelle, in particolare, rimane senza dubbio il più forte e il più significativo fra i libri di Malaparte: per la potenza della sua polemica richiama scrittori come Miller e come Sartre, per la crudeltà dei suoi quadri la pittura di un Bosch, di un Bruegel, di un Goya.

giovedì 11 agosto 2016

CITTADINANZA ONORARIA MONSIGNOR DON GIUSEPPE OLIVA


Si è tenuto sabato 6 agosto , nella suggestiva cornice del giardino del seminario vescovile, il Consiglio Comunale straordinario con all’ordine del giorno :
Conferimento Cittadinanza Onoraria Monsignor Don Giuseppe Oliva. 

All’unanimità il Consiglio ha approvato la delibera n. 20 del 6 agosto 2016 con la quale gli si attribuisce tale onoreficenza. 

Parroco nel nostro paese da più di 40 anni, Mons. Oliva ( Don Peppino come cordialmente viene chiamato) visibilmente grato ed emozionato ha ricevuto dalle mani del Sindaco Guglielmo Armentano il dono di una pergamena a ricordo e testimonianza dell’evento.

 L’intervento emozionante del Sindaco ha espresso tanto riconoscimento e altrettanta gratitudine verso questo uomo e questo Parroco che nel corso del suo sacerdozio ha ricolmato di tutti i suoi doni di intelligenza e di cuore la comunità di Mormanno diventandone parte integrante e sostanziale, faro di riferimento e punto di arrivo.

Tanti sono stati gli interventi di stima, e di affetto che si sono succeduti dal momento in cui il Sindaco ha trasformato il Consiglio in assemblea aperta: 
dapprima il saluto del Vescovo S.E. Mons. Francesco Savino tramite un messaggio letto dal Sindaco, poi i rappresentanti di tutte le forze politiche presenti in Consiglio, la famiglia, il Parroco di Mormanno Don Francesco Di Marco, il Sindaco di Papasidero, ( paese di origine di Don Peppino ), il rappresentante della testata giornalistica “ Faro Notizie “ su cui Don Peppino scrive da 10 anni, il Presidente del Parco del Pollino che ha ricordato l’impegno sociale di Don Peppino, e infine i suoi amici di sempre il Prof. Domenico Crea e il Prof. Luigi Paternostro che ha chiuso la serata ripercorrendo brillantemente la vita, le opere di Don Peppino attraverso il suo amore per l’arte, la letteratura, la musica, la poesia che fanno di lui una presenza irripetibile ( usando le parole del prof. Paternostro ) nel nostro paese. 


La partecipazione e l’emozione dei tanti cittadini intervenuti è la dimostrazione che il conferimento della Cittadinanza Onoraria a Don Peppino è stato un atto voluto e condiviso non solo dall’Amministrazione ma da tutta la popolazione cattolica e non che riconosce in lui grandi doti di umiltà, semplicità, saggezza, disponibilità all’ascolto. 

Don Peppino è stato, è e sarà sempre per tutti i Mormannesi, di tutte le generazioni, guida spirituale e di vita reale per cui non ci resta che augurarci e augurargli con tanto affetto, ad multos annos . 

venerdì 15 aprile 2016

RESILIENZA


Definizione di Resilienza

La resilienza è la capacità di autoripararsi dopo un danno, di far fronte, resistere, ma anche costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante situazioni difficili che fanno pensare a un esito negativo.

Gli individui resilienti hanno, insomma, trovato in se stessi, nelle relazioni umane, e nei contesti di vita, quegli elementi di forza per superare le avversità, definiti fattori di protezione contrapposti ai fattori di rischio, che invece diminuiscono la capacità di sopportare il dolore.

I 5 componenti che sviluppano la Resilienza

1. L’Ottimismo.
La disposizione a cogliere il lato buono delle cose, è un’importantissima caratteristica umana che promuove il benessere individuale e preserva dal disagio e dalla sofferenza fisica e psicologica.
Chi è ottimista tende a sminuire le difficoltà della vita e a mantenere più lucidità per trovare soluzioni ai problemi .

2. L’autostima si accoppia all’ottimismo.
Avere una bassa considerazione di sé ed essere molto autocritici, infatti, conduce a una minore tolleranza delle critiche altrui, cui si associa una quota maggiore di dolore e amarezza, aumentando la possibilità di sviluppare sintomi depressivi.

3. La Robustezza psicologica (Hardiness).
Essa è a sua volta scomponibile in tre sotto-componenti, il controllo (la convinzione di essere in grado di controllare l’ambiente circostante, mobilitando quelle risorse utili per affrontare le situazioni), l’impegno (con la chiara definizione di obiettivi significativi che facilita una visione positiva di ciò che si affronta) e la sfida, che include la visione dei cambiamenti come incentivi e opportunità di crescita piuttosto che come minaccia alle proprie sicurezze.

4. Le emozioni positive,
ovvero il focalizzarsi su quello che si possiede invece che su ciò che ci manca.

5. Il supporto sociale,
definito come l’informazione, proveniente da altri, di essere oggetto di amore e di cure, di essere stimati e apprezzati.
E’ importante sottolineare come la presenza di persone disponibili all’ascolto sia efficace poichè mobilita il racconto delle proprie sventure.

Raccontare è liberarsi dal peso della sofferenza, e l’accoglienza gentile e senza rifiuti o condanne da parte degli altri segnerà il passaggio da un racconto tutto interiore, penoso e solitario (che può sfociare in forme di comunicazione delirante) alla condivisione partecipata dell’accaduto.

In definitiva, ciò che determina la qualità della resilienza è la qualità delle risorse personali e dei legami che si sono potuti creare prima e dopo l’evento traumatico. Parlare in termini di resilienza vuol dire modificare lo sguardo con cui si leggono i fenomeni e superare un processo di analisi lineare, di causa ed effetto, per cui non è più corretto ragionare dicendo per esempio: “E’ stato gravemente ferito, quindi è spacciato per tutta la vita!”




Il profilo della Resilienza

Se volessimo tracciare un profilo della persona resiliente, questa dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche:

– Sopporta i dolori senza lamentarsi e regge le difficoltà senza disperarsi;

– Ha il coraggio di intraprendere con consapevolezza una via che sa essere tortuosa o, comunque, non la più semplice;

– Ama la vita per quello che è nel presente, e coltiva una propria spiritualità e virtù che moderano i timori di morte;

– Ricorda di essere esposta al pericolo in quanto mortale, e nel contempo affronta ciò che lo ostacola per cercare di superarlo con saggia audacia.