Fino ad ora l’ipertensione “da camice bianco” veniva ritenuta un falso allarme.
Questo tipo di ipertensione è quella che si manifesta in soggetti mentre si fanno misurare la pressione arteriosa nello studio del medico; le stesse persone quando tornano a casa e si misurano da soli scoprono valori normali.
La colpa dei livelli più alti è attribuita all’emozione che il paziente prova quando si trova davanti al medico, teme il responso, si agita.
Ma questa situazione denunciata da 15 italiani su cento non è da trascurare perché un terzo di loro, soffre proprio di ipertensione. Inoltre, potrebbe già essere presente un danno d’organo.
Lo confermano i risultati emersi in un sottostudio del PAMELA condotto in dieci Centri su duemila persone in tutta la Brianza, sotto il coordinamento del professor Giuseppe Mancia.
«Purtroppo non è così. Lo studio in Brianza ha dimostrato che la pressione da camice bianco non è da sottovalutare. Tutt’altro. A distanza di dieci anni i pazienti che si emozionano e fanno salire la pressione arteriosa rischiano tre volte più di diventare ipertesi rispetto ad un soggetto che è normoteso.
E’ un messaggio, quello che viene dal Congresso, rivolto soprattutto al medico di famiglia».
La diagnosi di ipertensione clinica isolata dovrebbe essere posta in tutti quei pazienti nei quali la pressione clinica risulti ³ ai 140/90 mmHg in almeno 3 occasioni, mentre la pressione media delle 24 ore e i valori medi diurni, rilevati mediante il monitoraggio ambulatorio, risultano nel range di normalità.
La diagnosi può essere inoltre integrata dai valori di pressione rilevati a domicilio del paziente (media di diverse misurazioni effettuate in giorni diversi < 135/85 mmHg con valori di pressione clinica ³ 140/90 mmHg), tenendo presente che i soggetti con ipertensione clinica isolata diagnosticata con monitoraggio pressorio possono non coincidere completamente con quelli diagnosticati con l’ausilio della misurazione domiciliare.
Infatti, in alcuni individui è possibile documentare sia la presenza di valori pressori domiciliari elevati con valori pressori nei limiti di norma al monitoraggio ambulatorio, sia la condizione opposta. Una volta fatta la diagnosi è necessario valutare la presenza di fattori di rischio metabolici e di danno d’organo
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