domenica 5 febbraio 2012

5 FEBBRAIO 1783, 120" DI PAURA ... NON DIMENTICHIAMOCI.




L'evento naturale di gran lunga più deleterio che abbia mai colpito la nostra Regione:

- - IL FLAGELLO DELLE CALABRIE - -

Lo sconvolgente terremoto che, con epicentro tra la Piana di Gioia Tauro e il Vibonese e con uno sciame sismico durato per mesi, sconvolse paesi, falciò migliaia di vite umane, cambiò l'orografia del territorio, spazzò via testimonianze di secoli della nostra civiltà.

Le località interessate furono: Bagnara, Tropea, Bivona, Castel Monardo, Capo Rizzuto, Le Castella, Pizzo Calabro, Scilla, Messina, Reggio Calabria, Stilo, Poliolo, Vallelonga, Mileto, Monteleone, Squillace, Roccella, Fossa, Catona.

Il 5 febbraio, alle 8 del mattino, uno tsunami (di intensità 3), interessò la costa ionica della Calabria. Capo Rizzuto e Le Castella vennero allagate. In entrambe le località, piuttosto vicine tra loro, il mare dapprima si ritirò (onda negativa).

Lo stesso giorno, quattro ore dopo, un altro tsunami (di intensità 11), colpì la parte sud della costa calabra, ma dall’altra parte, sul lato Tirrenico. L’onda allagò diverse località, furono danneggiati 380 villaggi. La magnitudo del terremoto, stimata, fu di 6.9 della scala Ritcher.

"Bruscamente, a mezzogiorno e mezzo, un fragore rimbombante più di un tuono violentissimo, salì dalle profondità della terra, e quasi istantaneamente una scossa, che mai eguale si ricordava fece traballare il suolo dell'intera Calabria.
La scossa durò due minuti, enorme durata per un terremoto, quantunque in se stessa brevissima.
Centoventi secondi bastarono a non lasciare in piedi per così dire una casa per l'estensione di 60 leghe quadrate circa, ed a seppellire 32 mila abitanti sotto le rovine". -François Lenormant- archeologo e numismatico francese.

(Nel 1879 visitò la Calabria partendo da Taranto; nel 1882 attraversò la Basilicata partendo da Catanzaro con destinazione Napoli. I suoi viaggi nel sud Italia sono descritti nei suoi reportage di viaggio "A travers l'Apulie et la Lucanie.")

Il Terremoto del 1783 fu la più grande catastrofe che colpì l'Italia meridionale nel XVIII secolo.

Oltre a causare danni immensi, radendo al suolo le città di Reggio e Messina, il terremoto ebbe effetti duraturi sia a livello politico, sia a livello economico e sociale, ancora oggi in Calabria vi è una superstizione: le estati molto calde (come quella del 1782) secondo la tradizione popolare precederebbero i terremoti.

La prima scossa durò 2 minuti, ebbe come epicentro una zona a sud di Polistena. All'evento principale si attribuisce un'intensità pari all'undicesimo grado della scala Mercalli (circa 7 scala Ritcher).

Alla scossa del 5 febbraio ne seguì una il 6 febbraio con epicentro a nord di Messina.
Fra il 5 ed il 7 febbraio furono contate ben 949 scosse alle quali seguì alle ore 20 del 7 febbraio una nuova scossa (con epicentro nell' attuale comune di Soriano Calabro) di intensità paragonabile alla prima, seguita 2 ore dopo da una nuova forte scossa con epicentro questa volta a sud di Messina.

Per mesi si susseguirono scosse di intensità sempre decrescente, ma le più forti furono quelle del 1 marzo 1783, con epicentro nel territorio di Polia e quella del 28 marzo, con epicentro fra i comuni di Borgia e Girifalco.

Il numero dei morti è stimato intorno alle 50.000 persone e i danni furono incalcolabili.
Quell’anno la regione è stata oggetto di ben cinque eventi sismici in un intervallo di tempo di circa due mesi (5 febbraio, 28 marzo).
Le scosse si sono succedute spostando l’epicentro dal sud della Calabria risalendo lungo l’appennino verso il nord della regione.

Questa devastante sequenza sismica, formata da cinque terremoti ben individuabili, causò danni elevatissimi in una vasta area comprendente tutta la Calabria centro-meridionale dall’istmo di Catanzaro allo Stretto, e, in Sicilia, Messina e il suo circondario.

Il quadro cumulativo dei danni è vastissimo e di gravità straordinaria: agli effetti distruttivi sugli edifici si accompagnarono estesi sconvolgimenti dei suoli e del sistema idrogeologico.
Oltre 180 centri abitati risultarono distrutti totalmente o quasi totalmente; gravi distruzioni interessarono anche centri urbani importanti per la vita politico-economica e militare del Regno di Napoli e di Sicilia, quali Messina, Reggio, Monteleone e Catanzaro.

Secondo le stime ufficiali, nella Calabria meridionale le vittime furono circa 30.000 su una popolazione di quasi 440.000 abitanti (6,8%).

L'intero aspetto del territorio fu sconvolto nei tracciati ed i sistemi di viabilità, nella topografia dei siti, nelle strutture orografiche e nella sua struttura idraulica tanto che in molte località si inaridirono antiche fonti, ne sorsero di nuove, alcuni fiumi abbandonarono l'antico letto, si produssero crepacci e talvolta succedeva che l'acqua non da fenditure saltava fuori, ma da certe conche circolari, che sul terreno si formavano e, dal centro delle medesime piuttosto che da altre parti scaturiva.

Il disordine idraulico causato dagli sconvolgimenti geologici e le non idonee condizioni igieniche del periodo, favorirono una persistente epidemia di malaria che contribui ad incrementare in maniera consistente il numero delle vittime.

La ricostruzione avvenne senza seguire fin in fondo criteri antisismici, scelta che si rivelerà disastrosa durante i successivi terremoti, soprattutto quello del 1908.

Tutta la Calabria meridionale fu colpita dal terremoto, ma la fascia tirrenica da Reggio a Maida fu pressoché devastata dal sisma.

La regione subì stravolgimenti anche dal punto di vista geomorfologico:
la sella di Marcellinara si abbassò e alcune montagne si spaccarono, come ad esempio la montagna su cui sorgeva il vecchio abitato di Oppido Mamertina che fu successivamente abbandonato.
La compressione delle acque sotterranee provocò il mutare del corso di fiumi e torrenti; vi fu ad esempio un abbassamento della valle del Mesima, mentre tutta la pianura circostante produceva conche circolari, larghe approssimativamente un paio di metri e piene di sabbia o acqua per 5–6 m, caratteristiche tipiche dei fenomeni di liquefazione del suolo indotti dalle scosse di terremoto.

Le scosse provocarono enormi frane che, ostruendo il corso dei torrenti, diedero origine a numerose paludi (solo tra Sinopoli e Seminara se ne formarono 52, mentre tra il 1783 ed il 1787 si formarono 215 laghi in tutto il territorio interessato dal sisma).
In alcuni posti irruppero dal suolo abbondanti corsi d'acqua melmosa o anche enormi zampilli di 12–20 m.
Molte zone tra cui Bagnara e Scilla furono oggetto di fenomeni bradisismici.

Il Marchese di Breme, inviato straordinario del Re di Sardegna presso la Corte di Napoli raccolse sull’evento numerose notizie che forniscono ancora oggi un quadro d'insieme avvincente ed agghiacciante dell’evento.

Inizialmente riferì a Torino con una stringata ma efficace relazione che rendeva conto delle dimensioni del disastro, anche perché fornisce un’idea della cura con cui raccoglievano le notizie i diplomatici dell’allora Regno di Sardegna.

----"RELATIONE DELL’ORRIBILE TREMOTO SEGUITO NELL’ISOLA DI SICILIA E NELLA PROVINCIA DI CALABRIA LI’ 5, 6 E 7 FEBBRAJO 1783."---

"Nel dì 9 Febbraio capitò nel Porto di Napoli un Bastimento proveniente da Messina, il quale portò l’infausta novella che il giorno 5 di detto mese la Città di Messina si era ridotta in un mucchio di sassi per l’orribile terremoto avvenuto.

Tale notizia venne confermata pochi giorni dopo, accompagnata da altre circostanze deplorabilissime e sono che la detta Città fu sobissata dopo 30 e più scottimenti di terra sentitisi per ogni parte della medesima e luoghi convicini non essendovi rimasto in piedi altro edificio se non la Chiesa delle Anime del Purgatorio ed il Convento de P.P. Cappuccini, e parte della Cittadella, contandosi circa 13 mila persone rimaste sotto le rovine di detta Città senza contarvi altri danni seguiti in altre cioè Melasso, Caronia ed altre terre non poche di detta Isola.

Questo tremuoto si estese anche per la Calabria ulteriore, e Citeriore avendo rovinate più Città e Terre, e luoghi sino al numero di 320, fra queste vi è compresa la Città di Reggio, quella di Pizzo, Miletto, Bagnara, Sinopoli, Tropea, Palmi, e Monteleone e contandosi la perdita da circa 100 m.a persone, e più con la rovina ed esterminio di moltissime famiglie feudatarie di questa Capitale; e delle magnatizie, e tra queste si contano il Principe Spinelli di Cariati, il quale oltre la rovina di 17 di lui terre sofrì la perdita di circa ducati 200 m.a di olj, che teneva ne suoi magazzeni; il Principe Ardore, il Principe della Roccella, il Duca di Popoli, il Duca di Monteleone; ed altri il Marchese d’Arena, il Duca dell’Infantade, il Duca di Capano.

Alcune scosse si sono anche udite in questa Metropoli, ma senza danno per grazia, e patrocinio del Glorioso S. Gennaro Tutelare della Città.

Si contano tra le persone grandi rimaste sotto le rovine nei loro feudi in Calabria, la rinomata e brillante Principessa di Gerace Grimaldi con l’intiera famiglia, il Duca e Duchessa della Bagnara, il Principe di Scilla, il quale fu sommerso dalle rovine mentre cercava salvarsi sopra una feluca, senza contarsi altre persone di rango perite in Messina, delle quali non se ne ha fin ora certa notizia, per non esser venuto il corriere, e per mancanza di altri riscontri.

Lo spavento, che ha recato simile disastro in tutto il Regno, ed in questa denominante è inesplicabile, talmente che si son fatti cessare i spettacoli carnovaleschi, e la pietà del Sovrano per evitare la totale rovina di tanti miserabili rimasti senza tetto, e senza sostanze, ha spedito nei detti luoghi ingenti somme di danaro, e grandi quantità di commestibili avendone fatto caricare quattro bastimenti.

S.M. avea determinato passare nella sua delizia di Caserta, ma ne fu disuaso dal suo Ministero per evitare qualunque disordine o sollevazione popolare potrebbe seguire.

Queste sono le notizie avutesi fin oggi in confuso tralasciando di descrivere altre circostanze, che non capirebbero in un foglio..."
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fonte wikipedia